IL TRIBUNALE DI FIRENZE Il Giudice dr. Domenico Paparo nella causa civile iscritta al n. 7170/2011 R.G. promossa da Fraschetti Carlo, rappresentato e difeso dagli avv. Franco Modena e Michele Monnini ed elettivamente domiciliata presso in Firenze lo studio del primo attore; Contro Fraschetti Laura e Fraschetti Angiola, rappresentate e difese dall'avv. Donatella Viligiardi ed elettivamente domiciliate presso il suo studio in Firenze convenute e Polidori Maria, rappresentata e difesa dall'avv. Enrico Ferrari Bravo ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Firenze convenuta avente ad oggetto: impugnazione di testamento e reintegra nella quota di riserva; Ha pronunciato la seguente Ordinanza 1. Fraschetti Carlo ha convenuto in giudizio le sorelle Fraschetti Laura e Fraschetti Angiola e Polidori Maria, vedova del padre Fraschetti Francesco, deceduto, assumendo che questi aveva nominato le sorelle eredi universali per la quota indivisa di meta' ciascuna e chiedendo che fosse dichiarata la sua qualita' di erede, la nullita' o l'annullamento della disposizione testamentaria nella quale il testatore disponeva di non lasciargli nulla, la conseguente reintegrazione della quota di riserva in tesi nella misura di un terzo dei due terzi del patrimonio ed in ipotesi di un terzo della meta' ove fosse stata accolta la domanda giudiziale di riduzione gia' introdotta dalla Polidori pure ella esclusa dalle disposizioni testamentarie. Fraschetti Laura e Fraschetti Angiola, si costituivano tempestivamente eccependo preliminarmente che l'attore non aveva esperito il tentativo obbligatorio di mediazione disposto dall'art. 5 DLgs 28/2010 e chiedendo pertanto che la domanda venisse dichiarata allo stato improcedibile; facevano istanza per la rimessione della causa al Presidente per la riunione con quella proposta dalla Polidori e, nel merito, chiedevano - in tesi - il rigetto della domanda tenendo conto del comportamento indegno dell'attore nei confronti del padre ed - in ipotesi - per la quantificazione della quota di legittima dell'attore nella misura di un terzo della meta' dell'asse ereditario, detratti i debiti. Polidori Maria confermava la pendenza del giudizio da lei promosso e chiedeva la sospensione del giudizio fino all'esito di esso, qualificandolo come pregiudiziale a questo circa la definizione dell'ammontare della quota di riserva rivendicata dall'attore, e, nel merito, che la reintegrazione - ove ne fossero stati accertati i presupposti - fosse disposta nella misura di un terzo della meta' dell'asse ereditario con riduzione proporzionale delle disposizioni a favore delle sorelle Fraschetti. All'udienza di comparizione, l'attore - dato atto che la causa aveva ad oggetto materia di successione ereditaria, ricadente nel disposto dell'art. 5 DLgs 28/2010 - ha chiesto (richiamando le argomentazioni svolte in delibere, pareri e varie ordinanze di giudici di merito), - in tesi che il giudice dichiarasse procedibile la domanda disapplicando la norma perche' in contrasto con l'art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, anche previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia ex art. 267 TFUE con sospensione del giudizio; - in ipotesi, il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia ex art. 267 TFUE per dirimere la questione di interpretazione del diritto comunitario circa il contrasto fra detta normativa - coi regolamenti attuativi - con l'ordinamento sovranazionale; - ovvero, in alternativa, che il giudice rilevasse - richiamando quanto esposto in documenti che produceva - "sette questioni. di legittimita' costituzionale" per violazione degli artt. 3, 24, 25 (in verita', nessuno dei documenti prodotti - e segnatamente quello dell'OUA che cosi' si intitola - rileva una questione di legittimita' costituzionale sotto tale profilo), 76 e 77 della Costituzione, richiamando altresi' quanto motivato da altri giudici che avevano sollevato questioni di legittimita' costituzionale in materia. 2. Deve anzitutto rilevarsi come certamente alla domanda in esame e' applicabile il disposto dell'art. 5 DLgs 28/2010 essendo stata proposta dopo l'entrata in vigore della norma (21.3.11; la citazione e' stata notificata il 3 e 4.5.11) ed essendo "un'azione relativa ad una controversia in materia di ... successioni ereditarie" compresa nell'elenco di cui al primo comma di detto articolo che dispone che "chi intenda esercitare un giudizio" in una di tali materie "e' tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di' mediazione ai sensi del presente decreto" (ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal Dlgs. 179/2007 ovvero quello in attuazione dell'art. 128-bis del TULB nella materie ivi regolate). La norma prevede: "L'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione di procedibilita' della domanda giudiziale. L'improcedibilita' deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione e' gia' iniziata, ma non si e' conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non e' stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione". In questo caso, essendo stata tempestivamente eccepita l'improcedibilita' e non essendo stata pacificamente esperita la mediazione, il giudice dovrebbe dare alle parti il termine di quindici giorni per presentare la domanda e rinviare la causa ad oltre quattro mesi e mezzo. 3. Ritiene il giudice che non sussistano le condizioni per la disapplicazione della norma citata ai sensi dell'art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea. Invero, pacifico che la Carta non esclude affatto l'ammissibilita' di istituti paragonabili alla mediazione prevista dalla normativa in esame, deve rilevarsi che la Corte di Giustizia CE, nella sentenza del 18 marzo 2010, n. C-317 (citata in uno degli atti richiamati dall'attore) ha ritenuto ammissibile il ricorso obbligatorio alla conciliazione prima dell'azione giurisdizionale in materia di comunicazione elettronica tra utenti e fornitori dei servizi ritenendo che "neanche i principi di equivalenza e di effettivita', nonche' il principio della tutela giurisdizionale effettiva, ostano ad una normativa nazionale che impone per siffatte controversie il previo esperimento di una procedura di conciliazione extragiudiziale, a condizione che tale procedura non conduca ad una decisione vincolante per le parti, non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale, sospenda la prescrizione dei diritti in questione e non generi costi, ovvero generi costi non ingenti, per le parti, e purche' ... sia possibile disporre provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l'urgenza della situazione lo impone". Rispetto alle cinque condizioni enucleate dalla Corte di Giustizia CE, che possono considerarsi condizioni generali perche' sia conforme alla Carta una normativa che imponga un tentativo obbligatorio di conciliazione - o di mediazione - prima dell'instaurazione di un giudizio civile, deve rilevarsi: - che la mediazione prevista dalla norma esaminata non comporta una decisione; - che la durata del procedimento - stabilita in quattro mesi (art. 6 Dlgs 28/2010) - non puo' considerarsi un 'ritardo sostanziale'; - che la comunicazione alle altre parti della domanda di mediazione comporta gli effetti delle domanda giudiziale quanto alla prescrizione (art. 5, comma 6°); - che i costi non possono essere considerati'ingenti'sia in termini assoluti sia se confrontati con quelli che necessari per il giudizio civile che la mediazione ha lo scopo di evitare, anche considerando che l'art. 20 riconosce (a ciascuna delle parti che hanno versato all'organismo di mediazione la dovuta indennita') un credito d'imposta commisurato all'indennita' stessa, fino a 500 euro se e' stata raggiunta la conciliazione e ridotto della meta' se il tentativo di conciliazione e' fallito; - che e' prevista l'ammissibilita' di provvedimenti urgenti e cautelari (art. 5, comma 3°). 4. Esaminando ora le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 5 Dlgs. 28/2010, si rileva anzitutto che sussiste il requisito della rilevanza della norma nel giudizio in corso: invero, come si e' detto sub 1., non essendo stato proposto esperito il procedimento di mediazione ed essendo stata tempestivamente eccepita l'improcedibilita', il giudice dovrebbe applicare il comma 1° di detto articolo, e percio' dare alle parti il termine di quindici giorni per presentare la relativa domanda (e rinviare la causa a dopo il decorso del termine di cui all'art. 6). Nei numeri successivi si esamineranno le varie questioni di legittimita' costituzionale seguendo (non numericamente) quanto esposto nel documento dell'OUA cui l'attore si e' richiamato e, all'ultimo punto, un rilievo contenuto nel 'parere pro veritate' pure richiamato dall'attore. 5. Contrasto con gli artt. 76 e 77 della Costituzione per eccesso di delega sotto il profilo dell'avere previsto la mediazione come obbligatoria. Ritiene il giudicante non manifestamente infondata la questione. Deve invero osservarsi che l'art. 60 della legge delega (L. 69/09) ha previsto, fra i principi e criteri direttivi che il Governo avrebbe dovuto seguire: al punto n) "prevedere il dovere dell'avvocato di informare il cliente, prima dell'instaurazione del giudizio, della possibilita' di avvalersi dell'istituto della conciliazione nonche' di ricorrere agli organismi di conciliazione": se la legge delega prevede per l'avvocato il dovere di informare il cliente della possibilita' della conciliazione, pare conseguente ritenere che essa non prevedesse che essa fosse obbligatoria (altrimenti, si sarebbe dovuto prevedere per l'avvocato il dovere di infornare il cliente che prima del giudizio avrebbe dovuto ricorrere alla conciliazione). 6. Contrasto con l'art. 24 della Costituzione per l'onerosita' della mediazione obbligatoria. Ritiene il giudicante non manifestamente infondata la questione: il carattere oneroso della mediazione - essendo essa obbligatoria per la parte che voglia agire in giudizio - si pone in contrasto con la tutela garantita dall'art. 24 della Costituzione al diritto di azione e di difesa in quanto prevede un esborso a carico di chi voglia intraprendere un giudizio, ulteriore rispetto al costo del giudizio. Quanto ora osservato non si pone in contrasto con quanto rilevato sub 3., essendo evidentemente non necessariamente coincidenti i principi e le norme della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea e della Costituzione. 7. Contrasto con l'art. 3 della Costituzione per disparita' di trattamento di attore e convenuto quanto alle spese della procedura. L'attore ritiene che, poiche' l'art. 16 D.M. 180/2010 - concernente i criteri di determinazione delle indennita' del mediatore - prevede che le spese di avvio del procedimento sono dovute da ciascuna parte e sono versate dall'istante al momento del deposito della domanda mentre quelle di mediazione sono dovute da ciascuna parte che ha aderito al procedimento di mediazione, si determini una violazione del principio di uguaglianza, in quanto solo la parte convenuta potrebbe non aderire al procedimento (ed essere esonerata dalle relative spese) mentre la parte attrice e' obbligata a parteciparvi. Ritiene il giudicante che, in un sistema in cui il previo esperimento del procedimento di mediazione viene configurato quale condizione di procedibilita' della domanda giudiziale, non possono imporsi costi anche a carico di chi non ha interesse alla domanda giudiziale; si tratta, in sostanza, del diverso trattamento di situazioni diverse, che non viola il principio di eguaglianza. Non puo' poi non osservarsi che anche nel giudizio civile ordinario il contributo unificato e' a carico solo della parte attrice. Pertanto la questione e' manifestamente infondata. 8. Contrasto con l'art. 24 della Costituzione per la previsione (nell'art. 8, comma 5° del DLgs) che "dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice puo' desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'articolo 116 del codice di procedura civile". Assume l'attore che, poiche' nel procedimento di mediazione come definito dal decreto in questione non e' necessaria la presenza di una difesa tecnica, viola il diritto di difesa la previsione di una conseguenza (evidentemente negativa per la parte che non partecipi ad essa) nel successivo (sia pure eventuale) giudizio per una scelta che la parte potrebbe effettuare senza l'ausilio di un difensore. Osserva il giudicante che, poiche' - per giurisprudenza pacifica (cfr., ad es, Cass, 26.6.2007 n. 14748 e le altre ivi richiamate) - ai sensi dell'art. 116 cpc puo' valutarsi anche il comportamento extraprocessuale della parte, il rilievo non e' fondato, in quanto la scelta suddetta non differisce da qualunque altra scelta comportamentale extraprocessuale che la parte evidentemente puo' assumere senza l'ausilio di un difensore. Pertanto la questione e' manifestamente infondata. 9. Contrasto con gli artt. 24, 76 e 77 della Costituzione per eccesso di delega. Assume l'attore che potrebbe aversi la preclusione al ricorso alla tutela giudiziaria "nel caso della proposta conciliativa, che sfacciatamente dissuada psicologicamente la parte dal ricorso al giudizio al quale ha diritto e che potrebbe garantirgli anche un migliore risultato" in conseguenza della previsione (dell'art. 13 Dlgs) che - nel giudizio - la parte vittoriosa che non abbia accettato una proposta conciliativa coincidente con la decisione non abbia diritto alle spese successive alla proposta e debba essere condannata a pagare quelle sopportate dalla controparte per lo stesso periodo. Osserva il giudicante che l'ipotesi appare contraddittoria: se la parte non accetta una proposta coincidente con il (futuro) esito del giudizio, evidentemente non e' stata dissuasa dall'intraprenderlo; se l'accetta (come in ogni mediazione o conciliazione) lo fa tenendo conto del complesso di costi-benefici e dell'alea del processo senza che possa essere valutato ne' l'effetto dissuasivo della proposta ne' - ovviamente - l'esito di un giudizio che non vi e' stato. Pertanto la questione e' manifestamente infondata. 10. Contrasto con gli artt. 24, 76 e 77 della Costituzione per eccesso di delega sotto il profilo della mancata previsione dei criteri di indipendenza e professionalita' dei mediatori e dei criteri di organizzazione interna degli organismi di mediazione L'art. 4 DM 180/2010 - a seguito della modifica introdotta dall'art. 2 DM 145/2011 - prevede "il possesso, da parte dei mediatori, di una specifica formazione e di uno specifico aggiornamento almeno biennale, acquisiti presso gli enti di formazione in base all'articolo 18, nonche' la partecipazione, da parte dei mediatori, nel biennio di aggiornamento e in forma di tirocinio assistito, ad almeno venti casi di mediazione svolti presso organismi iscritti"; l'art 7 DM 180/2010 - a seguito della modifica introdotta dall'art. 3 DM 145/2011 - prevede "criteri inderogabili per l'assegnazione degli affari di mediazione predeterminati e rispettosi della specifica competenza professionale del mediatore designato, desunta anche dalla tipologia di laurea universitaria posseduta". Pare al giudicante che tali previsioni rendano manifestamente infondati i rilievi. 11. Contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione sotto il profilo della mancata previsione dei criteri di 'competenza' territoriale degli organismi di mediazione. Ritiene il giudicante di dover rilevare d'ufficio tale questione. La disciplina in esame non prevede nessun criterio per l'individuazione territoriale dell'organismo di mediazione - ne' ovviamente che essa sia vincolante per chi intenda promuoverla (salva la possibilita' per l'altra parte di consentirne eventualmente la deroga) -, con la conseguenza che egli sara' totalmente libero di sceglierla ovunque sul territorio nazionale; cio' comporta, ad avviso del giudicante, una lesione del principio di uguaglianza, considerato unitariamente con il diritto di difesa, in considerazione della natura obbligatoria della mediazione e delle conseguenze in caso di mancata partecipazione ad essa di cui all'art. 8, comma 5° (di cui sub 8.) senza che possa considerarsi tutela sufficiente la possibilita' che il giudice valuti 'giustificato motivo' la mancata partecipazione ad una mediazione in localita' lontana o scomoda, essendo evidentemente incerta una tale possibilita'. 12. Si osserva, infine, che il disposto normativo non consente alcuna interpretazione costituzionalmente orientata, imponendo la instaurazione del procedimento di mediazione.